Un percorso, una storia

PIAZZA GIORGIONE nota anche come Piazza del mercato, già prima del 1233 fu la sede per il raduno del bestiame  e delle biade. al venerdì. Il mercato settimanale si tenne di domenica sino al 1384, quando Francesco da Carrara ne decise il trasferimento di martedì. Dal 1792 si cominciò  a tenere un mercato del bestiame anche di venerdì, sebbene il giorno ufficiale fosse sempre il martedì con l’esenzione dal dazio sugli animali vivi (almeno dal 1629 come si legge da un’altra iscrizione). Il mercato, infine, si teneva anche in occasione di alcune ricorrenze in cui si svolgevano delle fiere (tre giorni per Ognissanti, S. Bartolomeo il 24 agosto, S. Andrea 30 novembre). 


La distribuzione degli spazi era ben definita: alla loggia dei grani, denominata Paveion e oggi Bar Borsa, era riservato lo spazio per le biade (il podestà Giorgio Semitecolo si vide costretto ad emanare un decreto, come riporta una lapide murata all’esterno della loggia, che vietava il poner botteghe, banchi o altro sopra la piazza delle biave e padiglione). Fin dall’inizio del XVII secolo i bovini e gli ovini occupavano l'area antistante il Paveion, mentre nel lato opposto della piazza erano posizionati i suini. Il pollame era venduto sotto i portici.


Il mercato castellano, in grado di attrarre mercanti da tutto il territorio confinante per la sua centralità, era anche luogo di commercio di ferramenta, vasellame, abbigliamento, frutta, verdura e generi alimentari: lo stazio destinato agli ambulanti era gratuito per i cittadini, mentre comportava un affitto dai forestieri riscosso dal governo locale, come ancora oggi. 

La regolarità dell’occupazione degli spazi, l'ordine e la pulizia era a cura di due provveditori sopra la piazza, mentre erano previsti degli esattori per riscuotere i canoni di affitto degli spazi.

Dalla metà degli anni Sessanta dello scorso secolo la costruzione del nuovo Foro Boario (oggi ex Foro Boario) in Castelfranco, pose fine a questa antica tradizione, pur lasciando nei due giorni consueti il mercato cittadino in piazza.Ha i portici davanti alle case. Rara è la sua ampiezza, per essere piazza di una città di origine medioevale. Assieme al corso della Bastia Nuova è il cuore della città. 

VILLA PARCO BOLASCO Nella metà del Cinquecento, dove ora sorge Villa Revedin Bolasco Piccinelli, era edificata una casa grande da stazio, con granai, una colombaia, stalle con muro e tetto coperto di coppi, corte, orto e brolo, una peschiera, oltre ad alcuni campi di proprietà dei patrizi veneziani Zorzi Corner, dopo essere appartenuta ai Morosini dal 1509 (e prima ancora ai 

Tempesta).  La proprietà era nota come Paradiso, forse perché la regina Caterina Corner era solita trovarvi riposo e svago oppure per la suggestione dell’affresco di un palazzo vicino o, più semplicemente, per le caratteristiche del luogo straordinariamente suggestivo.

L’edificio risultava essere ad uso abitativo privato e, fino all’intervento di Vincenzo Scamozzi nel XVII secolo, rimase pressoché inalterato. Nel 1607, Nicolò Corner commissionò all’architetto un progetto per la riorganizzazione della villa, cui si lavorò fino alla fine del secolo. All’inizio del XIX secolo il sito era costituito da due palazzi giustapposti, che avevano sostituito quello preesistente e anche il parco aveva ottenuto una nuova forma, costituita da due ordini di aiuole rettangolari a tappeto verde, secondo la concezione regolare e simmetrica del giardino all’italiana, di cui oggi non è rimasta traccia alcuna.

All’inizio dell’Ottocento, infatti, il complesso fu venduto e completamente ristrutturato. Solo le sculture realizzate da Orazio Marinali e bottega non furono distrutte, ma reimpiegate nella Cavallerizza assieme alle due (delle quattro originali) torri colombare che delimitano a est e a ovest i confini del parco.

Quando nel 1803 l’intera proprietà del Paradiso fu affittata da Nicolò Corner Giustinian a Leopoldo Verizzo, questi fu autorizzato a demolire l’intero complesso per costruire una nuova abitazione e fu così che sparirono anche le peschiere, riconvertite in terreno agricolo. Qualche anno dopo, nel 1808, la proprietà fu venduta ai fratelli Antonio e Francesco Revedin.

L’imponente villa col suo giardino all’inglese oggi visitabili si devono al conte Francesco Revedin (1811-1869) che, tra il 1852 e il 1853, aveva commissionato all’architetto veneziano Giovan Battista Meduna (autore anche dei disegni del teatro La Fenice e di importanti restauri della Basilica di San Marco a Venezia), un progetto che prevedeva la costruzione di un nuovo palazzo. I lavori sono documentati tra il 1853 e il 1865, anno del grande ballo di inaugurazione della villa.

Di notevole pregio sono il monumentale scalone del Meduna, la sala da ballo con le pitture di Giacomo Casa, le raffinate scuderie per le quali furono impiegati anche materiali innovativi per quel tempo, come la ghisa ed il ferro.

Per la progettazione del giardino concorsero lo stesso Meduna ed alcuni architetti del paesaggio del tempo, tra cui Francesco Bagnara e Marc Guignon. Ma la configurazione attuale si deve all’architetto vicentino Antonio Caregaro Negrin.

Il parco, che si estende per 7,63 ettari, presenta aree di raffinato interesse, come la cavana, la serra moresca, le torri e la magnifica arena-cavallerizza introdotta da due imponenti statue equestri, sopravvissute all’antico angolo Paradiso Corner. Dal punto di vista botanico è possibile ammirare una grandissima vastità e molteplicità di specie vegetali, alcune rare ed insolite.

Oggi Villa Parco Revedin Bolasco Piccinelli è proprietà dell’Università degli Studi di Padova. Il complesso è stato infatti donato da Renata Mazza vedova Bolasco, ultima proprietaria, all’Università di Padova che, nel 2015, ha completato il restauro del giardino e di parte della villa. 

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